RESILIENZA
Resilienza, dieci lettere per indicare la capacità di far fronte alle difficoltà pratiche ed emotive, agli eventi traumatici. Come? Riorganizzando la propria vita e trasformando gli “ostacoli” in occasioni; sviluppando e allenando le proprie potenzialità.
L’individuo in presenza di difficoltà, crisi e sofferenza, deve cercare in se stesso le risorse per continuare, per “rimanere in piedi”. Solo dimostrando elasticità, assorbendo l’urto dell’evento negativo, è possibile condurlo verso sentieri costruttivi invece che distruttivi.
Consiste appunto in ciò la “resilienza”, processo di creazione di competenze, obiettivi nuovi e fiducia in sé necessari per affrontare una prova, riprendersi e uscirne rafforzati. Nel presente contesto storico, questa parola, in un panorama di incertezze e emergenze, si è imposta nel linguaggio corrente e riscuote sempre più una maggiore attenzione.
Il termine viene dal latino resilis che significa rimbalzare, ritornare in fretta. Gli antichi lo utilizzavano in riferimento all’arte di risalire su una barca rovesciata, una metafora per indicare la capacità di resistere alle situazioni di difficoltà.
Applicata all’ ingegneria, resilienza è la capacità di un materiale di assorbire energia e resistere agli urti senza rompersi. Gli ingegneri ci insegnano che in caso di terremoti, le costruzioni più “elastiche” reggono meglio le scosse, le strutture rigide invece crollano. In biologia è la proprietà di un essere vivente di autoripararsi dopo un danno.
E allora è importante “allenarsi” ad essere “elastici e flessibili”. Tutto ciò che è irrigidimento, nasconde paure che si cristallizzano confluendo in chiusure, che generano blocchi e paralisi.
La Resilienza guarda alle difficoltà come opportunità, mobilita le proprie risorse, anche quelle sconosciute.
Essa agisce in seguito a condizioni di stress di varia entità. In presenza di diagnosi oncologiche, la scoperta del suo potere in quanto possibilità di trasformare il dolore, i traumi e le sconfitte in opportunità, ovvero la fragilità in forza, dimostra che è possibile, oltre che auspicabile, diventare più forti riappropriandosi della facoltà di scegliere e di ricostruire la propria esistenza dopo un momento di “crisi”.
Ci sono “dolori” che hanno un impatto devastante, certe ferite non si rimarginano mai completamente. Ogni lacrima è fatta dall’1% di acqua e al 99% di sentimenti. E dei sentimenti, come delle emozioni, bisogna aver cura.
Senza mai dimenticare che resilienti non si nasce, ma si diventa, con un esercizio continuo
Il Medical Coaching può essere considerato strumento utile in queste situazioni perché si fonda sulla relazione con l’altro. Il coach ha il compito di accompagnare il coachee nel suo percorso di consapevolezza attraverso una relazione “facilitante” in cui accoglienza e ascolto sono requisiti importanti in un ambiente protetto e rassicurante, al di fuori dell’ambiente ospedaliero.
Un lavoro di autoconoscenza, svolto dal Coachee con l’aiuto del Medical Coach consente in modo naturale e facilitato, il raggiungimento di un traguardo in precedenza considerato impossibile.
Il Medical Coach lavora sulle competenze e sulla definizione di obiettivi specifici e di priorità. Fornisce feedback sull’andamento del piano d’azione e contribuisce a definire eventuali adattamenti. Sviluppa l’ascolto attivo e una comunicazione più efficace. Si occupa dell’aumento dell’autoefficacia.
Comprendere che il cambiamento fa parte della vita e accettare che vi siano situazioni che non possono essere modificate può stimolare l’individuo a cercare strategie alternative per raggiungere i suoi scopi.
La persona resiliente non sarà invulnerabile, umanità e fragilità saranno sempre presenti, ma avrà acquisito un’incredibile capacità di trasformare ogni evento in risorsa.
“Il lavoro del coach parte dall’ascolto del paziente, fondamentale perché lo stesso possa chiarire quali sono i suoi obiettivi e assumere nel dialogo un atteggiamento proattivo”- spiegano Roberto Assente e Michela Serramoglia, medical coach del servizio gratuito di medical coaching Medici. Pazienti. Parenti sostenuto dalla Fondazione Renata Quattropani e dal suo presidente Giovanna Ferrante.
“Noi non lavoriamo sul passato ma sul presente, sull’oggi come motore di futuro, aiutando l’individuo a focalizzare in maniera più efficace e consapevole gli obiettivi da raggiungere e le scelte per raggiungerli”.
Fonte articolo: Sanità 24, Il Sole 24 Ore