Quali sono le nuove terapie nel mieloma di nuova diagnosi?
Secondo Bita Fakhri, professore di medicina nella divisione di Ematologia/Oncologia presso la University of California, San Francisco Helen Diller Family Comprehensive Cancer Center, l’evoluzione nel campo del Mieloma Multiplo di nuova diagnosi ha dimostrato che i regimi basati sulla combinazione di tre farmaci sono migliori di quelli che combinano due farmaci. I regimi che combinano quattro farmaci potranno diventare lo standard di cura solo sulla base di ulteriori dati.
All’interno del panorama attuale, la sfida consiste nel decidere quale combinazione di farmaci sia più efficace, ma anche tollerabile, come terapia di induzione.
I farmaci per combattere il Mieloma Multiplo
Nel maggio 2018, la Food and Drug Administration (Fda) ha approvato Daratumumab (Darzalex) in combinazione con Bortezomib (Velcade), Melfalan e Mrednisone (VMP) per il trattamento in prima linea di pazienti con malattia di nuova diagnosi non eleggibili per il trapianto di cellule staminali. La decisione si è basata sui risultati dello studio di fase 3 ALCYONE.
Nello studio, daratumumab più VMP – rispetto al solo VMP – si è associato a una riduzione del rischio di progressione o morte pari al 50%. Benché questi risultati siano statisticamente significativi, gli ematologi statunitensi hanno mostrato scetticismo nei confronti del regime a quattro farmaci, poiché VMP è per lo più utilizzato in Europa.
Negli Stati Uniti, tuttavia, è comunemente usato il regime comprendente Bortezomib, Lenalidomide (Revlimid) e Desametasone (VRd). Inoltre, dati preliminari provenienti da studi di fase 2 hanno dimostrato la potenziale opportunità di sostituire Bortezomib con Carfilzomib (Kyprolis) come inibitore del proteasoma all’interno della combinazione.
Fakhri, ha detto che è possibile basarsi sulle caratteristiche della malattia e del paziente per determinare il regime ottimale.
Intervistato durante lo OncLive® State of the Science Summit™ sulle Neoplasie Ematologiche del 2018, Fakhri ha condiviso le sue opinioni sul trattamento dei pazienti con Mieloma Multiplo di nuova diagnosi.
OncLive: Può illustrare la Sua presentazione?
Fakhri: La mia presentazione si è concentrata sulle opzioni di trattamento in prima linea per i pazienti con Mieloma Multiplo di nuova diagnosi. Ho cercato di fornire una panoramica di ciò che è stato storicamente utilizzato nel Mieloma Multiplo e di come il campo si è recentemente evoluto. Siamo passati da regimi doppi a regimi tripli. Negli Stati Uniti è molto comune il regime VRd – combinazione di Lenalidomide, Bortezomib e Desametasone.
Sulla base delle caratteristiche della malattia e delle caratteristiche del paziente, possiamo impostare diversi regimi. Un’altra combinazione di tre farmaci è KRd – Carfilzomib, Lenalidomide e Desametasone –, che viene preferita per la popolazione ad alto rischio. Ho poi parlato dei dati del 2017, passando a discutere la terapia con quattro farmaci. Esiste un regime comprendente quattro farmaci approvato dalla FDA, che tuttavia non è ancora usato comunemente.
Può discutere l’uso di Carfilzomib nel contesto della terapia di induzione?
Attualmente, per scegliere un regime farmacologico ci basiamo su 2 fattori: l’eleggibilità/ineleggibilità del paziente per il trapianto e le caratteristiche della malattia in termini di genomica. Nei pazienti non eleggibili per il trapianto, l’uso di KRd non è universalmente approvato. Esiste il rischio di tossicità polmonare. Tuttavia, abbiamo dati di fase 2 davvero positivi, in particolare riguardo alla malattia recidivata/refrattaria. Uno studio su Carfilzomib, Lenalidomide e Desametasone ha mostrato un considerevole miglioramento della sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival, PFS) e della sopravvivenza globale (overall survival, OS) nei pazienti con Mieloma Multiplo recidivato/refrattario.
In base ai dati disponibili, ha certamente senso scegliere KRd come terapia di induzione per i pazienti con malattia recidivata. Un altro aspetto estremamente importante è il profilo di tossicità. È noto che bortezomib causa una neuropatia debilitante; quindi se un paziente ha già un’importante neuropatia, si eviterà di utilizzare questo farmaco.
VMP e daratumumab sono approvati in prima linea. Anche se questo potrebbe non avere un impatto significativo negli Stati Uniti, in che modo apre le porte a futuri studi con daratumumab?
Uno studio recente ha esaminato Daratumumab + VMP contro VMP da solo. Lo studio ha avuto risultati eccezionali, raggiungendo tutti gli endpoint di efficacia. La PFS a circa 16 mesi è risultata significativamente migliore nel gruppo Daratumumab + VMP. Anche il tasso di risposta obiettiva (objective response rate, ORR) era molto più alto.
VMP è un regime molto ‘europeo’, e non è utilizzato spesso dai medici statunitensi. Tuttavia, stiamo constatando l’infondatezza della vecchia idea che i pazienti anziani e fragili non possano tollerare la terapia combinata. Non solo pazienti anziani hanno beneficiato della combinazione, ma questa è risultata molto tollerabile. I profili di tossicità erano simili rispetto a quelli osservati nella popolazione più giovane.
Hai discusso altri regimi in prima linea?
Ho voluto citare due Abstract, uno dei quali riguarda uno studio di fase 1 su Daratumumab e KRd, che si sono associati a un ottimo ORR. Tuttavia, poiché lo studio è stato condotto su una popolazione esigua (21 pazienti), non è possibile è trarne una conclusione concreta. Aspetteremo dati più maturi. L’altro Abstract riguarda Elotuzumab (Empliciti) e KRd nel contesto iniziale. L’ORR era alto, ma lo era anche la tossicità.
Qual è il messaggio principale?
I regimi con tre farmaci rimangono lo standard di cura. Al momento resta inevasa la domanda su quale debba essere la giusta terapia di induzione per le singole popolazioni di pazienti. I risultati del regime con quattro farmaci sono molto interessanti, ma abbiamo bisogno di più dati. Io non uso questi regimi al di fuori degli studi clinici. Sono curioso di vedere come questo campo evolverà.
Brandon Scalea
4 ottobre 2018
Fonti: Onclive.com