BLOCCARE LA CRESCITA DEL TUMORE
Bloccare la crescita del tumore grazie alla sopravvivenza libera da progressione della malattia, indice di successo delle cure. Ma uno studio condotto da ricercatori della McMaster University di Hamilton, in Canada, e pubblicato su Jama Internal Medicine la mette in discussione.
Il tumore c’è ma smette di crescere
Sono i farmaci utilizzati nelle sperimentazioni cliniche che determinano questo risultato e vengono perciò considerati risorsa di valore per i pazienti.
Si chiedono i ricercatori di questo studio se bloccare la crescita del tumore migliori realmente la qualità di vita per il paziente e se sia proprio questo l’indicatore più corretto per misurare il valore di un farmaco.
Il coordinatore dello studio Feng Xie, professore di Economia Sanitaria alla McMaster commenta alla Reuters: “In passato, quando veniva sviluppato un farmaco, il parametro da valutare era la sopravvivenza globale, che corrisponde a quanto tempo il paziente vive”. «Ora molti farmaci vengono approvati sulla base del beneficio in termini di sopravvivenza libera da progressione».
Questo indicatore è giudicato molto importante nel processo di valutazione.
Vi sono motivazioni diverse per cui ciò avviene. Prima fra tutte la capacità di “congelare” il cancro, chiaro indice dell’effetto biologico del farmaco: un farmaco che non funziona non potrebbe bloccare la progressione della malattia. Importante è sapere anche che si tratta di un indicatore oggettivo, misurabile e verificabile con i comuni esami di controllo che esegue il paziente. Per i ricercatori l’uso della sopravvivenza libera da progressione all’interno dei trial clinici permette di raggiungere risultati più rapidamente che in una sperimentazione. Ma basterà bloccare la crescita di un tumore?
Muovendo da queste considerazioni, è partito il team di scienziati canadesi che ha selezionato 38 sperimentazioni cliniche coinvolgendo 14mila pazienti affetti da 12 tipi diversi di cancro. Questi studi valutavano non solo la sopravvivenza libera da progressione, ma riferivano anche la qualità di vita dei pazienti (definita con l’indicatore HRQoL, vale a dire “qualità di vita correlata alla salute”). «Nei pazienti con cancro ci sono due cose importanti da tenere in considerazione quando si valuta una terapia», ha spiegato Xie. «Se questa sia in grado di aumentare la sopravvivenza e se sia in grado di migliorare la qualità di vita, anche se non aumenta la sopravvivenza».
I risultati delle sperimentazioni analizzate non ha portato ad una rilevante associazione tra la sopravvivenza libera da progressione e la qualità di vita dei pazienti.
«Non siamo riusciti a trovare un’associazione significativa tra sopravvivenza libera da progressione e HrQoL negli studi clinici sul cancro», scrivono i ricercatori nelle conclusioni. «Questi risultati sollevano domande riguardo all’assunzione che gli interventi che prolungano la sopravvivenza libera da progressione migliorino anche la qualità di vita in pazienti con cancro».
L’esame, osservano i ricercatori, non vuole mettere in discussione l’efficacia dei farmaci approvati (anche) sulla base della capacità di aumentare la progressione libera da malattia; né a questo indicatore in sé.
Pone invece l’accento sulla necessità di valutare, nel processo di esame di un medicinale contro il cancro, di altre variabili che “pesano” nella vita dei pazienti. Abilità nel mantenere un’ accettabile qualità di vita, questa deve essere la Cura. Ma non sempre è facile definire una “buona qualità di vita”. «Qualcuno potrebbe valutarla in base alla riduzione del dolore, qualcun altro in base alla capacità di interagire socialmente o di poter ingoiare o di potersi alzare dal letto. Altri ancora potrebbero vederla nella riduzione della stanchezza», ha dichiarato alla Reuters Robert Ferris, direttore dell’ Hillman Cancer Center dello University of Pittsburgh Medical Center.
Sarebbe l’occasione di prendere in considerazione altri modi per valutare l’efficacia di un trattamento rendendo oggettivo e standardizzando questo “indicatore”.
Sarebbe il momento giusto per la Medicina di affrontare questa sfida!