Leucemia Linfatica Cronica in 3D
Oggi incontriamo la Dottoressa Cristina Scielzo, biotecnologa dell’UNISR e Project Leader della Divisione di Oncologia Sperimentale all’Ospedale San Raffaele. Qui, la Dottoressa Cristina Scielzo si occupa di studiare la Leucemia Linfatica Cronica.
È inoltre una degli otto ricercatori italiani vincitori della prima edizione del bando Roche per la ricerca.
Ecco l’intervista alla Dottoressa Cristina Scielzo
Dottoressa Scielzo quante persone, nel nostro Paese, sono colpite da Leucemia Linfatica Cronica (LLC)? E in che modo l’avvento delle nuove terapie ha cambiato lo scenario di questa neoplasia ematologica?
L’incidenza di malattia in Italia è di 3-5 persone su 100.000 abitanti e aumenta con l’aumentare dell’età. In Italia si registrano 1660 nuovi casi tra gli uomini e 1150 tra le donne quindi si tratta di numeri molto importanti. Ad oggi ci sono terapie molto efficaci e ben tollerate che si possono usare in alternative alla chemio-immunoterapie standard. Ciò che colpisce è che questi ultimi farmaci biologici siano il frutto della ricerca pre-clinica che punta sempre più ad agire in maniera selettiva sulla malattia e a preservare le cellule sane.
Questo insieme al fatto che la Leucemia Linfatica Cronica resta ancora una malattia incurabile fa capire quanto la ricerca sia importante.
Stampare le cellule in 3D per studiare meglio questa malattia. Come ha avuto quest’idea?
Da tempo mi interesso del ruolo che il microambiente (l’ambiente intorno al tumore) ha nello sviluppo e la progressione della Leucemia Linfatica Cronica. A seguito dei miei studi ho capito che il citoscheletro, che è lo scheletro con cui le cellule si muovono e interagiscono con l’ambiente, è centrale per lo sviluppo della malattia.
Per studiarlo al meglio ho cominciato a pensare a modelli 3D che permettessero alle cellule di posizionarsi ed interagire con l’ambiente in maniera più vicina al fisiologico. Ho quindi cominciato a cercare il modo di stampare le cellule in un contesto che ri creasse il loro tessuto di origine e ho trovato questo prototipo di stampante 3D. Approfittando di un congresso in Svezia ho visitato la sede della CELLINK dove la stampante viene prodotta e grazie ai finanziamenti AIRC (Associazione Italiana per la ricerca sul cancro) che promuove la mia ricerca ho potuto acquistarla.
Grazie a questo strumento, sono già emerse evidenze di rilievo riguardo a questo nuovo tipo di approccio?
Lo strumento è nuovissimo e non ci sono protocolli da cui partire per utilizzarlo, quindi il lavoro più grande in questo ultimo anno, da parte mia e del mio team, è stato quello di imparare ad usarlo e ad oggi posso dire che siamo in grado di stampare e seguire nel tempo come si comportano le cellule di Leucemia Linfatica Cronica. Sono sicura che a breve avremo dei risultati interessanti.
A suo giudizio in che modo l’utilizzo di questa stampante di cellule tridimensionali potrà cambiare la ricerca della Leucemia Linfatica Cronica?
Credo che una volta ottimizzato questo approccio permetterà di studiare a fondo le interazioni tra le cellule leucemiche ed il microambiente e testare quindi i nuovi farmaci in un contesto che è molto più vicino al fisiologico rispetto ai modelli in 2D. Certo questo non sostituisce la necessità dei modelli animali ma apre una strada che in parallelo potrebbe dare nuove risposte fondamentali a capire i meccanismi alla base della malattia.
Secondo lei come promuovere all’interno delle strutture ospedaliere l’adozione di innovazioni che contribuiscano a migliorare lo studio delle malattie oncoematologiche?
Credo che in generale ci sia molta attenzione all’innovazione, almeno questo vale per l’Ospedale San Raffale dove lavoro. Abbiamo strumenti all’avanguardia ed interazione con la clinica. Penso che il limite sia economico non di mancanza di interesse.
In che misura il vincolo di bilancio potrebbe diventare un primario criterio decisionale per l’accesso a tecnologie innovative?
Credo che ad oggi il bilancio sia il purtroppo il criterio primario per tutte le decisioni, cosa che chiaramente si scontra con la ricerca, l’innovazione e le carriere dei ricercatori mi auguro che le cose possano cambiare al più presto.
Dottoressa, per concludere sulla “stampante di cellule”, quali risultati si aspetta?
Mi aspetto a breve di poter studiare a fondo dei meccanismi che ad oggi non sono ancora stati studiati per limiti tecnologici. Credo che sia sempre più necessario lavorare in maniera interdisciplinare accoppiando biologia, fisica, chimica, informatica e chiaramente medicina per raggiungere lo scopo finale di studiare a fondo non solo il cancro ma tutte le malattie.
Intervista curata da Stefania Bortolotti