INVECCHIARE A CASA PROPRIA
Quando ho chiesto alle altre tre componenti del mio ‘gruppo passeggiate’, tutte tra 75 egli 80 anni, se abbiano qualche preoccupazione circa le loro sistemazioni abitative per gli anni a venire, tutte mi hanno risposto di non averne, benché tutte, come me, vivano in case a più piani senza ascensore e, in due casi, prive di un bagno a ogni piano.
Mio figlio, che vive a Los Angeles, mi ha chiesto recentemente che cosa penserei di fare se non potessi più vivere nella mia casa. Gli ho risposto con leggerezza, “Verrò a vivere con te.” I vantaggi di questa scelta? Sarei circondata da una famiglia che mi darebbe affetto e sostegno; inoltre, poiché divento ogni anno più intollerante verso il freddo, il clima mite mi gioverebbe. Gli svantaggi? Perderei il contatto con una comunità che mi è familiare e con tanti amici; inoltre, la casa di mio figlio, diversamente dalla mia, si trova su una collina ripida e non ha negozi nelle vicinanze; se non fossi più in grado di guidare, dovrei essere accompagnata in auto in qualsiasi posto.
Probabilmente il più grosso deterrente al trasferimento sarebbe rinunciare alla mia autonomia e all’incredibile numero di ‘tesori’ accumulati in cinquant’anni. Liberarsi della paccottiglia sarebbe facile, ma separarsi dagli oggetti d’arte e dai ricordi sarebbe come privarsi del cuore.
Sospetto che, nella maggior parte dei casi, le persone siano riluttanti a pensare di vivere in un altro luogo e in un altro modo fino a che riescono a gestire bene la propria vita. Lisa Selin Davis riferisce, nella rivista AARP, che “quasi il 90 percento degli Americani dai 65 anni in poi progetta di stare a casa propria in età avanzata.”. Spesso, tuttavia, il disegno della casa e il tipo di comunità non sono adatti alle necessità di adulti che non hanno la mobilità, l’agilità e la prontezza dei giovani.
Per chi desidera invecchiare a casa propria, Jane Giddan e Ellen Cole, le autrici di 70Candeline! Procedere con vitalità verso gli ottant’anni, elencano le caratteristiche che le abitazioni dovrebbero avere: esser prive di scale, avere porte ampie che consentano il passaggio di un deambulatore o di una sedia a rotelle, avere pavimenti antiscivolo, porte con maniglie a leva, un’illuminazione telecomandata, docce col pavimento a terra, ringhiere, rampe ed elevatori. A questi si aggiungono sistemi di supporto non stop, cellulare, telecamere di sorveglianza e GPS che permettono ai familiari di monitorare il benessere dei loro anziani.
In molte comunità, organizzazioni di volontariato – come Good Neighbors di Park Slope a Brooklyn e Staying in Place a Woodstock, nello stato di New York – aiutano gli anziani a restare a casa loro e a vivere vite più complete.
Mentre molti giovani scelgono di vivere e di far crescere i loro figli nei sobborghi, sempre più pensionati, rimasti soli, si trasferiscono nel centro delle città, dove possono usare i mezzi pubblici, andare a piedi a fare la spesa e altre compere, godere delle offerte culturali e trovarsi con gli amici senza dipendere eccessivamente dagli altri.
Una ragione per la quale le mie amiche e io non vogliamo nemmeno considerare di lasciare la nostra comunità di Brooklyn è che possiamo raggiungere a piedi il supermercato, la banca, cooperative alimentari, ferramenta, luoghi di culto e strutture ricreative, e andare praticamente ovunque in città con i mezzi pubblici, di solito sono molto efficienti. L’auto non ci serve.
Quasi ogni giorno passeggiamo in un bel parco cittadino, ogni volta sottolineando la bellezza di una vista – la luna, lo spuntare del sole, i pianeti visibili, le nuove piante e i piccoli animali selvatici che lo popolano.
In tutto il paese, le comunità si stanno aggiornando per adattarsi allo tsunami degli anziani che è previsto con l’invecchiare dei baby boomer. Alcuni cambiamenti, per esempio modificare segnali stradali e segnaletica degli incroci perché i pedoni abbiano più tempo per attraversare, aumentano la sicurezza delle persone con mobilità compromessa. La citta di New York ha creato distretti ‘a misura di anziano’ (Aging Improvement Districts) – per ora a East Harlem, nell’Upper West Side e a Bedford-Stuyvesant – per aiutare gli anziani a “conservare la massima autonomia possibile e a partecipare alla vita della città” scrivono Giddan e Cole. A East Harlem, per esempio, i negozianti hanno reso i cartelli più leggibili e predisposto sedie pieghevoli per gli anziani che desiderano riposare prima e dopo gli acquisti.
A Philadelfia, l’organizzazione non profit Friends in the City si definisce una “comunità senza muri” concepita per avvicinare i suoi membri alle risorse della città e gli uni agli altri, e offre quotidianamente agli anziani programmi per soddisfare esigenze culturali e ricreative.
Il concetto di coabitazione si sta evolvendo: persone anziane, che non sempre si conoscono già, si riuniscono per comprare una casa dove vivere e condividere compiti – fare acquisti, cucinare, fare le pulizie e occuparsi della manutenzione. Giddan e Cole segnalano che Let’s Share Housing, in Oregon, e Home Share Now, in Vermont, hanno servizi online che mettono in contatto persone con necessità simili. Esiste anche un servizio online (Roommates4Boomers.com), destinato alle donne dai 50 anni in su che cercano persone con le quali convivere, che si occupa di individuare persone con caratteristiche compatibili.
Certo, vi sono ancora molti anziani – in particolare vedove e vedovi – che per ragioni finanziarie o personali si trasferiscono presso la famiglia di un figlio, o in un appartamento adiacente. Le famiglie che li ospitano guadagnano babysitter ‘residenti’ e i bambini possono sviluppare una relazione più profonda con i nonni.
Per le persone con finanze adeguate, non mancano comunità per pensionati, gestite a scopo di lucro, che aiutano gli anziani a restare autonomi fornendo loro servizi di supporto e offrendo numerosi altri servizi e attività. Alcune sono dotate di spazi e strutture per la ricreazione e l’attività fisica, e organizzano laboratori di lettura e di attività manuali, gruppi di discussione e opportunità di volontariato. Alcune accompagnano i residenti a spettacoli teatrali e musei o in gite nei vicini luoghi di attrazione.
Confesso che le residenze che ospitano solo anziani non fanno per me. Non riesco a pensare di vivere in un luogo dove io non possa vedere e interagire quotidianamente con dei bambini. Trovo che nulla mi dia più buonumore di un sorriso o di un commento di un piccolo di 2-3 anni. Credo di avere preso da mio padre, che flirtava con ogni bambino che gli capitasse di vedere in un’auto vicino alla sua. Ma mi rendo conto che, proprio come certe persone non amano i cani, non tutti apprezzano la compagnia di un bimbo pieno di energia.
Per gli anziani che necessitano di assistenza nelle attività di tutti i giorni, vi sono molte soluzioni abitative assistite, dove i residenti possono ricevere un aiuto più o meno capillare – compreso quello per assumere i farmaci, consumare i pasti e camminare – al variare delle loro necessità.
E se mai dovessi lasciare la mia casa? Giddan e Cole indicano che vi sono nuovi e sempre più numerosi gruppi di organizzatori professionisti e di traslocatori che “aiutano le persone a vagliare ciò che hanno accumulato nel tempo, a distribuire ed eliminare ciò che non sarà più necessario nella nuova sistemazione, e le assistono nelle fasi di imballaggio e trasporto e poi di sballaggio e insediamento nella nuova casa.”