Car-T, una speranza concreta per chi ha un tumore ematologico
Car-T, Chimeric Antigen Receptor T-cell, è una tecnologia in grado di riprogrammare i linfociti T in modo che possano combattere il tumore dall’interno. Ed è veramente una speranza concreta per quei malati che non rispondono alle terapie convenzionali.
È una terapia cellulare e consiste in un prelievo di linfociti T che vengono poi ingegnerizzati in laboratorio in modo che siano in grado di fare 2 cose: riconoscere in modo selettivo le cellule malate e trasmettere al linfocita il segnale di distruggerle. In pratica, tramite un virus non patogeno, viene introdotto nei linfociti T un gene che produce il recettore CAR, che riconosce una proteina espressa sulla superficie delle cellule cancerose. I linfociti, così rimaneggiati e potenziati, vengono re-infusi nel paziente e possono cominciare la loro missione: annientare il tumore.
La terapia è molto potente, ma comporta alcuni rischi. In particolare, la sindrome da rilascio di citochine, che è provocata da un’eccessiva risposta immunitaria dovuta all’infusione dei linfociti T modificati. Può dare origine a reazioni anche molto violente dell’organismo, che possono essere gestite efficacemente quando i pazienti sono seguiti in centri con grande esperienza clinica. La mortalità di questo trattamento è circa del 5%.
Finora i principali risultati sono stati raggiunti su pazienti affetti da Leucemia Linfoblastica Acuta, il tumore più frequente in età pediatrica, e il Linfoma diffuso a grandi cellule B. Inoltre, sono allo studio la Leucemia Linfatica Cronica, il Linfoma Mantellare e il Mieloma Multiplo. I risultati sono assolutamente incoraggianti e le speranze concrete. Potrebbe rappresentare davvero il passaggio dalla remissione alla cura.
*Fonte Ail (Associazione Italiana contro le Leucemie-linfomi e mieloma)
Intervista al prof. Paolo Corradini*
Cosa è la terapia Car-T?
Con il termine Car-T si intende una immunoterapia che utilizza particolari globuli bianchi, i linfociti T, ingegnerizzati per attivare il sistema immunitario contro le cellule tumorali, come succede per esempio per le infezioni. I linfociti T del paziente vengono prelevati e, successivamente, geneticamente modificati in laboratorio in modo da renderli capaci di riconoscere le cellule tumorali: quando vengono restituiti al paziente entrano nel circolo sanguigno e sono in grado di riconoscere le cellule tumorali e di eliminarle attraverso l’attivazione della risposta immunitaria.
Si tratta di una cura standard per tutti i malati con un tumore del sangue o di una terapia utile in casi selezionati e destinata a pazienti con tumori giunti a stadio avanzato?
È una terapia destinata a pazienti selezionati, in particolare ad oggi le Car-T sono state approvate in Italia per l’utilizzo nei pazienti affetti da Leucemia Linfoblastica e Linfomi ad alto grado che non hanno risposto o sono ricaduti dopo aver ricevuto le terapie convenzionali per queste patologie (chemio e radioterapia).
Contro quali patologie finora la terapia ha mostrato risultati incoraggianti?
Le patologie in cui le Car-T si sono dimostrate una terapia molto promettente sono la Leucemia Linfoblastica Acuta, i Linfomi non Hodgkin diffusi a grandi cellule, il Linfoma primitivo del mediastino, Leucemia Linfatica Cronica, Linfoma Follicolare e il Mieloma Multiplo.
Come si effettua la terapia?
La terapia si effettua mediante la somministrazione endovenosa delle cellule ingegnerizzate. La somministrazione delle Car-T deve essere preceduta dalla raccolta dei linfociti del paziente circa un mese prima dell’infusione tramite la procedura di linfocitoaferesi, cioè viene collegato a una macchina che centrifuga il sangue e raccoglie i linfociti attraverso due vene (una per l’uscita e un’altra per il ritorno). Questi vengono poi inviati al di fuori dell’ospedale per essere modificati in laboratorio. Tre giorni prima dell’infusione il paziente deve ricevere un breve ciclo di chemioterapia e poi riceve i linfociti che nel frattempo sono stati geneticamente modificati e reinviati al Centro dove il paziente è ricoverato. Il trattamento prevede che il paziente sia ricoverato per circa due settimane in un Centro Specializzato per la terapia con Car-T.
La terapia è disponibile in Europa?
Si, la terapia è disponibile in Europa per il trattamento di pazienti giovani adulti (fino a 25 anni di età) e pediatrici affetti da Leucemia Linfoblastica Acuta B refrattaria o ricaduta dopo due linee di trattamento e di pazienti adulti affetti da Linfoma non Hodgkin diffuso a grandi cellule B e Linfoma non Hodgkin primitivo del mediastino refrattario o ricaduto dopo due linee di terapia.
Quali sono i vantaggi di questa terapia? Quali invece gli eventuali effetti collaterali?
Il potenziale vantaggio è la possibilità di eseguire un trattamento di possibile efficacia in pazienti che non hanno alternative terapeutiche dal punto di vista delle terapie standard (chemio e radioterapia).
I possibili effetti collaterali che sono stati osservati sono la sindrome da rilascio citochinico e gli effetti avversi neurologici. La sindrome da rilascio citochinico è legata all’attività delle Car-T e può presentarsi in circa il 25-50% dei pazienti con febbre molto alta, abbassamento della pressione, difficoltà respiratorie e insufficienza renale. I disturbi neurologici possono comparire in forma di cefalea, difficoltà a parlare, disorientamento, confusione, crisi epilettiche. La mortalità di questo trattamento è circa del 5%.
*Presidente Società Italiana di Ematologia e Direttore della Divisione di Ematologia della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e Cattedra di Ematologia dell’Università degli Studi di Milano – Intervista al Prof. Franco Locatelli*
Cosa è la terapia CAR-T?
La terapia con CAR-T cells è la forma più avanzata d’immunoterapia anti-tumorale, essendo basata su elementi del nostro sistema immunitario (i T linfociti), geneticamente modificati attraverso l’inserimento nel loro DNA di una sequenza genica che codifica per una proteina (chiamata recettore chimerico antigenico, CAR) in grado di reindirizzare l’attività di queste cellule sul bersaglio tumorale. Quest’aggressione si fonda sul riconoscimento selettivo di una molecola bersaglio presente sulle cellule tumorali (nel caso delle patologie in cui vi è stata l’approvazione da parte delle agenzie regolatorie europee, la molecola CD19).
Si tratta di una cura standard per tutti i malati con un tumore del sangue o di una terapia utile in casi selezionati e destinata a pazienti con tumori giunti a stadio avanzato?
La terapia con cellule CAR-T è a oggi riservata a malati che hanno fallito i trattamenti convenzionali. Più specificatamente, l’agenzia europea del farmaco (EMA) ha approvato la terapia con cellule CAR-T in:
Pazienti fino ai 25 anni di età con Leucemia Linfoblastica Acuta a differenziazione B cellulare (LLA-BCP) in seconda ricaduta di malattia o con malattia refrattaria ai trattamenti convenzionali o in prima ricaduta post trapianto emopoietico;
Pazienti adulti affetti da Linfomi diffusi a grandi cellule B (DLBCL) o da Linfomi primitivi del mediastino (PMBCL) a grandi cellule B refrattari o resistenti a due o più linee di terapia sistemica.
Come si effettua la terapia?
I linfociti T, prelevati dal sangue del paziente mediante una procedura chiamata linfocito-aferesi, vengono modificati in laboratorio, in modo da inserire nel loro DNA quella sequenza genica che codifica per la sintesi del CAR, il quale, come già menzionato, reindirizza i linfociti contro le cellule tumorali. Le cellule CAR-T vengono, quindi, fatte moltiplicare, sempre in laboratorio e, infine, infuse nel paziente. La terapia è una tantum: una volta nel circolo sanguigno, i linfociti T sono in grado di riconoscere le cellule malate, eliminandole. Le cellule CAR-T possono essere prodotte solo in apposite Officine Farmaceutiche, autorizzate allo scopo. In ambito accademico italiano, per la produzione di un medicinale sul territorio nazionale, è necessaria l’autorizzazione dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), rilasciata previa verifica ispettiva diretta ad accertare che il richiedente disponga di personale qualificato e di mezzi tecnico-industriali conformi a quanto richiesto.
La terapia è disponibile in Europa?
Sì. Come già ricordato, EMA ha autorizzato all’immissione in commercio 2 prodotti: Kymriah® (prodotto da Novartis) e Yescarta® (prodotto da Gilead) secondo le indicazioni precedentemente ricordate. Inoltre, nel nostro Paese, sono attivi 3 trials accademici, 2 dei quali condotti all’Ospedale Bambino Gesù di Roma basati sull’impiego delle cellule CAR-T nelle LLA-BCP e nei linfomi a cellule B, così come in un tipo di tumore solido del bambino chiamato neuroblastoma. Un terzo studio fondato su un tipo particolare di cellule CAR, chiamate cellule CAR.CIK, viene condotto all’Ospedale San Gerardo di Monza e all’Ospedale Papà Giovanni XXIII di Bergamo in pazienti ricaduti dopo un trapianto allogenico di cellule emopoietiche.
Perché si tratta di una terapia rivoluzionaria? Quali sono i vantaggi? Quali invece gli eventuali effetti collaterali?
La terapia CAR-T è in grado di offrire una concreta possibilità di cura definitiva a quei pazienti che, avendo fallito i trattamenti convenzionali, non avrebbero ulteriori possibilità terapeutiche disponibili. Il più frequente e importante effetto collaterale associato alla terapia con cellule CAR-T è rappresentato dalla cosiddetta sindrome da rilascio citochinico, cioè uno stato di infiammazione estrema causata dai linfociti T attivati. I sintomi che la connotano possono essere anche molto gravi e, quindi, pericolosi per la vita del paziente. Per questo motivo, è fondamentale muoversi tempestivamente ai primi segni di sviluppo di questa complicanza e con le terapie appropriate (farmaci corticosteroidei o anticorpi che bloccano le citochine coinvolte nella fisopatologia di questa condizione). Quest’osservazione sottolinea l’importanza che la terapia con cellule CAR-T venga eseguita in Centri selezionati ad alta qualificazione e con esperienza specifica. Un’altra temibile complicanza della terapia con cellule CAR-T è costituita dalla neurotossicità che, in rarissimi casi occorsi in soggetti adulti, è risultata essere anche fatale. Per aumentare la sicurezza delle CAR-T nel nostro trial accademico, durante la generazione dei linfociti T, abbiamo sviluppato una modifica: l’aggiunta di un gene, chiamato suicida, che si attiva in caso di mancata risposta a terapie farmacologiche della sindrome da rilascio citochinico, piuttosto che della neurotossicità, determinando la pronta eliminazione delle cellule CAR-T.
In Italia terapia è stata già effettuata sui bambini? In quali casi e con quali risultati?
Nello studio da noi condotto all’Ospedale Bambino Gesù di Roma basato sull’impiego delle cellule CAR- T nelle LLA-BCP e nei Linfomi a cellule B la terapia ha mostrato una risposta decisamente favorevole nei 15 pazienti trattati con percentuali di ottenimento della remissione di malattia superiori all’80%, valore del tutto in linea con i risultati riportati nello studio promosso a livello internazionale da Novartis. Anche i primi dati di risposta iniziale nei bambini con neuroblastoma sono promettenti e inducono largamente a proseguire sulla strada intrapresa.
Quanti sono i bambini che al momento potrebbero usufruire della terapia nel nostro Paese?
Sono stimati circa 30-40 bambini per anno per quanto pertiene alla LLA-BCP e ulteriori 5-10 sono i pazienti pediatrici con un linfoma eleggibile al trattamento con CAR-T cells. Va, tuttavia, sottolineato che alcuni pazienti, purtroppo, non possono beneficiare della terapia in ragione di uno scarso numero di linfociti T funzionanti, sia per le terapie ricevute sia per la patologia tumorale stessa. Altri ancora arrivano al momento dell’infusione, ma il trattamento non è più realizzabile perché la malattia leucemica o linfomatosa nel frattempo è troppo progredita. Deve essere anche chiarito che alcuni pazienti non rispondono alle CAR-T, oppure, dopo aver risposto, sviluppano cellule resistenti all’effetto delle cellule CAR-T stesse.
*Presidente del Consiglio superiore di Sanità e Direttore del dipartimento di Onco-ematologia pediatrica, terapia cellulare e genica dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma